Museo del Vetro: Le Fornaci di Villa Rosa

Home / Museo del Vetro / Museo del Vetro: Le Fornaci di Villa Rosa

Nel giardino di Villa Rosa sono presenti, grazie al contributo della Fondazione De Mari, due piccole fornaci utilizzate per dimostrazioni durante alcuni periodi dell’anno a supporto dell’attività museale.

Sono state accese per la prima volta nella notte di Natale del 2006, in ricordo dei 150 anni dalla fondazione della Società Artistico Vetraria e diventano fulcro e cuore pulsante del museo durante il periodo dell’Altare Glass Fest, festival organizzato annualmente nel mese di luglio. In questa occasione le fornaci ospitano maestri vetrai di chiara fama, sia di livello nazionale che internazionale, per dimostrazioni aperte al pubblico.

Le fornaci vengono accese anche per la produzione di nuovi prototipi destinati a due eventi annuali del museo: Altare Vetro Design e Altare Vetro Arte, rassegne incentrate a mettere in sinergia e in collaborazione il designer o l’artista con il maestro vetraio. Questi momenti di condivisione in fornace sfociano in due mostre – rispettivamente nel periodo autunnale e in quello primaverile – capaci di raccontare non solo la parentesi progettuale e operativa ma anche la produzione più recente del designer o dell’artista invitato.

Le fornaci si accendono anche nel mese di novembre, nel giorno di San Martino (11 novembre), data che nei secoli passati sanciva l’inizio del periodo lavorativo dei vetrai che si concludeva il 24 giugno, giorno di San Giovanni.

 

Per restare informati sulle giornate di accensione delle fornaci si consiglia di consultare il sito internet del museo.

 

In ricordo della vita legata al lavoro in fornace durante l’attività della S.A.V., si propone un breve testo scritto dal Maestro Vetraio Gino Bormioli, presente all’interno del catalogo di una sua mostra del 2012.

 

Le fornaci da vetro, alveari umani

Un tempo le fornaci della S.A.V. erano degli autentici alveari umani. I vetrai che operavano intorno ad esse, distribuiti nelle varie “piazze” erano molti: ogni piazza era composta dai sei ai dodici vetrai.

L’amicizia e la conoscenza generate dalla lunga convivenza e dalla costrizione di operare in spazi ridotti favoriva la partecipazione, nei limiti della decenza, ai fatti della vita di tutti, da quelli amorosi a quelli sportivi, con le conseguenti spesso corali, allegre e ironiche sfottute.

Nonostante l’intensità del lavoro, i vetrai che erano accomunati da molti interessi culturali e sportivi conversavano piacevolmente. Era un modo di evadere dal lavoro spesso molto duro. Gli argomenti sportivi erano, in primis, la caccia, il calcio, lo sci e l’alpinismo; quelli culturali vertevano sulle letture, il teatro e la musica.

Nel dopoguerra noi giovani ci eravamo appassionati al jazz, scandalizzando gli anziani che prediligevano la musica sinfonica e operistica.

Molti vetrai suonavano uno strumento nella Banda Cittadina o nei circoli musicali paesani: definivano il jazz una musica da selvaggi.

Non essendo possibile assentarsi dal posto di lavoro, dato che spesso era a catena, venne istituita la figura dell’”acquaiolo”, il quale era un operaio, spesso invalido che, munito di bidonino di acqua fresca e due bicchieri, passavano periodicamente a offrire da bere ai vetrai. Nelle calde giornate d’estate, quando l’acquaiolo tardava a fare il suo giro, il più assetato dei vetrai cominciava a chiamare ad alta voce: “Acquaiolo! E porta in po’ deva”.

Il livello medio culturale dei vetrai era buono, frutto di studi personali arricchiti dalle esperienze acquisite durante le migrazioni professionali nelle città d’arte, dove avevo la possibilità di frequentare teatri di prosa e di lirica.

L’interesse verso la mitologia, la storia e la letteratura influiva sui nomi che i vetrai attribuivano ai figli. Alcuni erano spesso pesanti e impegnativi e pesanti da portare, quali Giosaffatte, Agamennone, Napoleone e molti altri.

Erano molto in uso anche i soprannomi derivanti dai nomi dialettali degli uccelli, per la passione già accennata alla caccia alla selvaggina migratoria come Merla, Gazana, Schiz.

L’introduzione delle macchine automatiche per produrre oggetti in vetro ha spodestato i vetrai: le vetrerie oggi sono un luogo rumoroso e deserto.

 

 

Bibliografia:

Michela Murialdo, Le attività del Museo oggi, in Villa Rosa-Museo dell’Arte Vetraria Altarese, a cura di Valentina Fiore, guida Direzione Regionale Musei Liguria, Sagep editori, 2023, pp. 56-58

 

Gino Bormioli, Le fornaci da vetro, alveari umani, in Da Bergeggi ad Altare Percorsi di vetro del Maestro Gino Bormioli, Ingraph Srl, 2012, pp. 18-19