Siderurgia e Arte Tessile
Stanza n.1
Accedendo al primo piano della mostra antropologica sulla sinistra è possibile fruire del primo ambiente dedicato alle principali lavorazioni del ferro e del legno nel periodo preindustriale, e del secondo ambiente dedicato anche all’avvento dell’elettricità.
La siderurgia già all’epoca aveva lo scopo di produrre e lavorare il ferro. Successivamente all’estrazione, questo metallo prendeva la forma di blocchetti che dovevano essere poi faticosamente forgiati per battuta oppure per stampo.
La forgia avveniva all’interno di fucine, scaldati con la combustione del carbone, attivata questa attraverso mantici, ventilatori manuali di un tempo.
Al pezzo veniva così data la forma desiderata per la creazione di manufatti.
Partendo dall’ingresso della stanza numero 1, in senso orario, sono presenti moltissime attrezzature utilizzate nei processi lavorativi, ne sono un esempio i chiodi, le accette, le pinze, le seghe, i trapani, le ruote da carro ed i molti martelli, ecc..
Venivano utilizzate per innumerevoli attività, quali l’agricoltura, la falegnameria, l’edilizia e di uso comune.
Sempre nello stesso ambiente (sulla parete con l’apertura verso la soffitta) si rimane affascinati dagli attrezzi che nelle mani di abili artigiani falegnami, hanno dato vita al legno che, dai boschi di castagno e faggio, sono diventati mobili ed oggetti di arte povera di uso quotidiano.
Tra gli innumerevoli strumenti fanno spicco: la pialla per dimensionare e dare più precisione al pezzo grezzo, la spatola per utilizzare lo stucco, la sgorbia per incidere e scolpire le vene del legno ed il tornio per modellarlo. Tra i più originali “lo spinacin” per ricavare l’ombreggiatura delle figure intarsiate.
Gli oggetti venivano poi spesso preparati a ricevere tinture e cere.
Tutte queste sono testimonianze del passato e degli usi e costumi tradizionali di un tempo.
Stanza n.2
Proseguendo nella stanza attigua, la numero 2, è possibile apprezzare i primissimi componenti elettrici per il trasporto della corrente elettrica e il suo utilizzo.
Nel medesimo ambiente è ammirabile anche l’arte della cestineria, della lavorazione della canapa e del lino.
La canapa, coltivata in Italia fino alla metà del 1900, era utilizzata per la produzione di corde, di reti da pesca, ma soprattutto per la realizzazione di biancheria domestica. Nel 1938 l’Italia conquistò il primato assoluto mondiale per la produzione di questa pianta. Il tessuto in fibre di canapa fino alla fine degli anni ‘40 viene pubblicizzato come unico filato leggero ma robusto ed igienico, è infatti chiamato per la sua resistenza “il tessuto che dura 100 anni“.
Il lino viene raccolto dopo quattro mesi dalla semina di marzo-aprile, la fibra non è falciata ma è estirpata per preservare la lunghezza delle fibre contenute nel fusto. Dopo l’estirpatura il lino viene lasciato sul terreno; la pioggia ed il sole, insieme ai microrganismi batterici presenti nella pianta, creano fermentazione e permettono una naturale separazione delle fibre dalla parte legnosa. Le fibre vengono così estratte, ripulite e strigliate per separare quelle lunghe da quelle corte, a questo punto il lino può essere filato.
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale lo sapevate che le coltivazioni del lino e della canapa non necessitano di pesticidi, fertilizzanti e defolianti, componenti questi che finirebbero nelle falde acquifere. Durante la crescita delle piante si ha un processo di assorbimento di anidride carbonica ed inoltre il lino non consuma acqua perché non ha bisogno di irrigazione. Canapa e lino rigenerano inoltre il terreno dove sono stati coltivati, sono biodegradabili e compostabili; di entrambe le fibre non si scarta nulla, quello che non si usa per il tessile viene utilizzato come materia prima secondaria per la produzione della carta e anche in sostituzione della fibra di vetro in edilizia.
Nell’angolo tra le due aperture è installata la completa attrezzatura utilizzata in passato dai vigili del fuoco per il pronto intervento in caso di incendio.